Tra le provincie di Grosseto e Siena, troviamo la Val di Merse, una valle poco conosciuta dalle grandi rotte del turismo di massa, ricca di boschi, corsi d’acqua, antichi mulini, borghi medioevali, abazie, castelli e giacimenti minerari che hanno fatto la storia di questo territorio. Lungo il fiume Merse e il vicino torrente Farma, che nascono entrambi dalle Colline Metallifere, sono ben visibili i resti di opifici e ferriere che sfruttavano l'energia dell'acqua per la lavorazione dei metalli.
Dopo il Mille sorsero castelli specializzati nello sfruttamento dei giacimenti minerari e potenti monasteri che edificarono numerosi mulini per la macinazione del grano e gualchiere per la lavorazione della lana. La storia più recente, tra XIX e il XX secolo, vede un intensificarsi di ricerche minerarie e attività estrattive che portarono ad un profondo cambiamento degli stili di vita della popolazione locale con lo sviluppo di paesi legati all’economia mineraria. Importanti società come la Montecatini, proprietaria di numerose miniere in Toscana, faranno ammodernare macchinari e costruire edifici a servizio del nuovo “proletariato delle miniere” fortemente radicato in questo territorio. Buona parte della popolazione locale lavorava infatti nell’agricoltura o in miniera. I minatori lavoravano in condizioni difficili, non in sicurezza e in ambienti poco salubri tant’è che frequenti furono gli incidenti sul lavoro e le morti per silicosi, malattia polmonare provocata dall’inalazione di polvere contenente cristalli di silice. L’area delle Colline Metallifere costituisce il più importante distretto minerario della Toscana Meridionale e sicuramente uno dei più importanti d’Italia, con mineralizzazioni di ferro, piombo, argento, rame, zinco, antimonio, mercurio. Nei dintorni di San Lorenzo a Merse si trovano mineralizzazioni di cinabro di origine idrotermale. Il cinabro si trova sotto forma di venuzze nelle rocce situate a poca profondità al di sotto del suolo agrario, e per questo non sfruttato nonostante l'antica tradizione mineraria della zona. Alcune piccole aree minerarie di ferro, rame e forse argento sono state individuate nei pressi di San Galgano e altre di pirite nei pressi di Rosia. L’area mineraria più importanti della Val di Merse è sicuramente quella di Boccheggiano. I terreni qui sono costituiti da filladi, calcari e argille. La mineralizzazione è un corpo minerario filoniano a pirite e solfuri misti di rame, zinco, piombo, formatosi in seguito ad attività tettoniche e magmatiche e fenomeni idrotermali. Lo sfruttamento minerario nella zona iniziò forse nel XIV secolo sotto il controllo di Siena, nel XVI secolo si diffuse la coltivazione dei “cappellacci” superficiali costituiti da ossidi di vari metalli, principalmente di ferro, e nel XVIII secolo iniziò la coltivazione in profondità per la produzione di rame. Nella seconda metà dell'800 si diffuse il "metodo Conedera" e la miniera di Boccheggiano divenne la più importante miniera di rame d’Italia. La calcopirite estratta veniva frantumata e poi arrostita in grandi cumuli all'aria aperta, quindi lisciviati dalle acque che si arricchivano di solfati di rame e ferro. Successivamente passavano nei forni da cementazione per rilasciare il rame puro. I residui della lisciviazione venivano inviati alle laverie dove si eliminava gran parte del quarzo per la produzione di granelli di rame (non puro). I suggestivi resti di questa tecnica di lavorazione sono gli imponenti cumuli di scorie di colore rosso presenti lungo il Merse, noti come "Le Roste". Il territorio presenta anche resti di edifici, di canalizzazione e gallerie che narrano la storia mineraria del 1800. Ad inizio Novecento chiusero le miniere di rame e verso la metà del secolo scorso chiusero anche quelle di pirite ma presto venne individuato un nuovo e ingente bacino di pirite e l’attività estrattiva riprese all’inizio degli anni Settanta con l’apertura di Campiano, moderna miniera all’avanguardia dove i camion si inoltravano nel sottosuolo a grandi profondità attraverso grandi gallerie per caricare direttamente il minerale. Qui la coltivazione ha raggiunto la profondità di 800 metri dalla quota d'imbocco con circa 35 km di gallerie. La ex-miniera di Campiano, che ha continuato l’estrazione fino al 1994, è stata una delle più grandi miniere di pirite d’Europa, importante soprattutto per la produzione di acido solforico nello stabilimento Solmine ubicato nel comune di Scarlino. Attualmente i siti minerari di Boccheggiano fanno parte del Parco Nazionale Tecnologico Archeologico delle Colline Metallifere e l’area di Campiano è oggetto di un progetto di sviluppo che prevede la nascita di un polo industriale e di ricerca.