Argentario, Orbetello, Cosa e Talamone
La Spagna in Toscana
Approfondimenti

L’anguilla sfumata
Per anni l’anguilla ha rappresentato una fonte di sostentamento importante e facilmente reperibile per gli abitanti di Orbetello; consumata fresca o conservata, ha indubbiamente aiutato a superare momenti difficili. L’anguilla sfumata è una preparazione di probabile origine spagnola, già nota fin dalla metà del ‘800, che viene riproposta oggi seguendo una procedura praticamente invariata nei tempi.
La laguna è ricchissima di pesce, tra cui appunto le anguille che per divenire 'sfumate' vengono trattate per almeno un paio di giorni. Quelle utilizzate sono del tipo pantanine, una qualità molto gustosa e adatta per le carni moderatamente grasse. Le anguille vengono pescate durante tutto l'anno. D'inverno i pescatori utilizzano strutture fisse, chiamate “Tesi”, che ostruiscono il transito della anguille, dalla costa al centro della laguna, facendole confluire all’interno dei martavelli (o nasse), mentre durante l’estate adoperano i “Crocioni”, strutture amovibili, nelle zone che il pescatore sceglie, considerando le condizioni dell’ambiente lagunare. Una volta pescate vengono aperte, pulite e messe in infusione in una marinatura a base di aceto e sale. Dopo un paio di ore vengono estratte dalla marinatura, infilate in appositi spiedi e lasciate scolare per l’intera notte. Il giorno successivo le anguille vengono spennellate con il pimento, una salsa ottenuta con peperoncino, peperone, olio, sale e aceto, e affumicate per 40’ con legna dai forti contenuti aromatici come quella proveniente dalla macchia mediterranea. La ricetta classica per gustare l’anguilla sfumata di Orbetello prevede di tagliare a pezzi le anguille e farle saltare leggermente in olio extravergine di oliva. In qualche famiglia vengono utilizzate anche per preparare un condimento per la pasta. Le anguille tagliate vengono fatte rosolare in olio e.v.o. insieme ad uno spicchio di aglio e una punta di peperoncino, spolverando la pasta, dopo averla fatta saltare nella padella, con del prezzemolo tritato finemente.

Caravaggio a Porto Ercole
La morte di Caravaggio, nato Michelangelo Merisi, è uno dei grandi gialli del mondo della storia dell'arte. Tra le poche certezze sembra oggi essere la località della morte, che viene identificata con Porto Ercole anche se nel tempo si sono presentate ipotesi diverse. Le cronache ci aiutano a ripercorrere gli ultimi della della vita
La sera del 28 maggio 1606 in Campo Marzio a roma, una partita al gioco della pallacorda si concluse in rissa e Caravaggio uccise Ranuccio Tomassoni. Caravaggio, condannato a morte, fu costretto a scappare , iniziando così una fuga avventurosa e rocambolesca che durò ben quattro anni. Da Roma raggiunse Napoli e successivamente Malta, dove nel 1607 sfiorò l'investitura a cavaliere dell'ordine di Malta (e con essa una sicura immunità), ma una nuova rissa fece precipitare le cose e lo portò nelle prigioni di La Valletta, da cui riuscì poi ad evadere per raggiungere la Sicilia per poi fare ritorno nuovamente a Napoli. Inseguito e braccato e con una taglia sulla testa che lo rendeva appetibile e ricercato bersaglio. Arriviamo così al mese di luglio dell'anno 1610 quando, per intercessione di alcuni suoi protettori, sta per essere accolta una richiesta di grazia che lo avrebbe messo al sicuro. Caravaggio a questo punto prese nuovamente il mare a bordo di una feluca che da Napolilo avrebbe portato a Porto Ercole, allora territorio dello Stato dei Presidi Spagnoli. Il pittore portò con i suoi bagagli tre preziose tele (il San Giovannino Battista, il San Giovanni Battista disteso e la Maddalena in estasi) che erano a tutti gli effetti un salvacondotto per la salvezza, poiché intendeva donarli al cardinale Scipione Borghese, nipote di Papa Paolo V, per ringraziarlo dell'interessamento dimostrato. Giunto all'approdo di Palo (circa quaranta km da Roma) Caravaggio venne probabilmente scambiato per un criminale ed arrestato. Il tempo necessario a chiarire l'errore ed ottenere quindi la liberazione, fu troppo lungo per sperare di ritrovare la feluca, che nel mentre aveva ripreso il mare con a bordo il prezioso carico. Caravaggio cercò di recuperare le sue tele incamminandosi alla volta di Porto Ercole, dove arrivò stremato e senza riuscire a ritrovare la feluca. Non potè più riprendere il cammino perché morì di malattia a Porto Ercole il 18 luglio 1610 all'età di trentanove anni. Per molto tempo si è creduto che fosse morto sulla spiaggia della Feniglia (nei pressi di Porto Ercole) in preda alla malaria e qui una stele ricorda l'evento. Tuttavia nel 2001, nei registri della parrocchia di Sant'Erasmo a Porto Ercole, in un libro dei conti del 1656 viene rinvenuto l'atto di morte del Caravaggio che cita testualmente "A dì. 18 luglio 1609 nel ospitale di S. Maria Ausiliatrice morse Michelangelo Merisi da Caravaggio dipintore per malattia". Ad una prima lettura salta subito agli occhi che l'anno citato è 1609 e non 1610, ma tuttavia sembra che l'errore sia dovuto al fatto che nell'area di Porto Ercole non fosse ancora stato introdotto il calendario gregoriano, oppure potrebbe trattarsi di una svista di trascrizione. All'epoca della morte, gli stranieri di misere condizioni venivano sepolti nel cimitero di San Sebastiano di Porto Ercole e sicuramente lì venne sepolto anche il Caravaggio. Nel 1956, a causa dei lavori per l'ampliamento della strada di accesso al paese, gli scheletri dell'antico camposanto vennero trasferiti in un ossario comune dell'attuale cimitero e dove recenti, molto criticati e poco attendibili studi, avrebbero individuato una piccolissima parte delle ossa del pittore. Dei mille misteri che avvolgono l’esistenza del pittore rimane infine il destino delle tre tele che lo accompagnavano nella fuga. Alla morte queste vennero rivendicate da Scipione Borghese (a cui erano destinate), dalla Marchesa Costanza Colonna, dal Priore di Capua dei Cavalieri dell'Ordine di Malta e da Pedro Fernàndez de Castro conte di Lemos e vicerè di Napoli dal 1610 al 1616. A Scipione Borghese arrivò solo una tela (il San Giovannino oggi esposto a Roma nella Galleria Borghese), probabilmente il secondo San Giovanni (San Giovanni Battista disteso oggi appartenente ad una collezione privata a Monaco di Baviera) lo ottenne il conte di Lemos, mentre La Maddalena in estasi (oggi conservata in una collezione privata) andò alla marchesa Costanza Colonna.

Lo Stato dei Presidi di Spagna
Visitando l’Argentario e Orbetello si rimane impressionati dalle possenti opere di fortificazioni come i cosiddetti Forti Spagnoli o le possenti mura che spesso ostentano stemmi o simboli dell’Impero di Spagna. La loro presenza in questa parte meridionale di Toscana si spiega con l’istituzione cinquecentesca di un piccolo stato militare spagnolo detto Stato dei Reali Presidi di Spagna.
Lo Stato dei Presidi, comprendeva Orbetello, Porto Ercole e Porto Santo Stefano, nel promontorio dell'Argentario, ed inoltre Ansedonia e Talamone. Successivamente vennero aggiunti Porto Longone (l'attuale Porto Azzurro), nell'isola d'Elba. Il litorale di sua pertinenza andava da Collecchio, a nord di Talamone, fino alla torre costiera di Buranaccio ai confini con l'ultimo tratto costiero del Granducato di Toscana e lo Stato della Chiesa. Fu un protettorato situato in Toscana, creato per volontà del re di Spagna Filippo II in occasione del trattato di Londra del 1557. Seppur molto piccolo lo Stato dei Presidi permetteva ai suoi dominatori di controllare terre e mari della zona tirrenica e rivestiva un ruolo importante nel quadro delle politiche del Mediterraneo specie riguardo allo Stato della Chiesa e al nascente Granducato di Toscana. Venne costituito durante la Guerra di Siena, combattuta nel 1552-1559 ed inserita nella cornice delle Guerre d'Italia franco-spagnole (1494-1559), con il Trattato di Londra (1557), siglato a guerra ancora in corso in previsione dell'eventuale conquista imperiale della Repubblica di Siena. Con il termine della guerra Siena venne sconfitta e, con il Trattato di Cateau-Cambrésis, assegnata alla Corona spagnola. I suoi territori vennero quindi suddivisi in base agli accordi precedenti: un'ampia fascia costiera andò a formare lo Stato dei Presidi, mentre gran parte del territorio venne affidato come feudo nobile a Cosimo I° de' Medici. Il primo periodo (1557-1707) fu quello caratterizzato dal possesso spagnolo e dall'amministrazione dei viceré di Napoli, nonché quello che ebbe maggior durata. In esso lo Stato dei Presìdi assolse appieno le funzioni politiche e militari per le quali era stato creato, lasciandoci inoltre la maggior quantità di documentazione urbanistica ed architettonica. Nel 1700-1713, con la guerra di successione spagnola, si giunse al primo dei decisivi rivolgimenti politici per lo Stato dei Presìdi che, occupato dagli austriaci insieme al Regno di Napoli, venne a loro assegnato dai trattati di pace di Utrecht (1713) e Rastatt (1714). Dal 1707 al 1733 venne amministrato quindi dagli Asburgo e retto dai loro viceré. Nel 1733 venne rioccupato dagli spagnoli nel quadro della conquista borbonica delle Due Sicilie e, di seguito alla guerra di successione polacca, dal 1736 fu annesso al Regno di Napoli che, con un decreto di Ferdinando IV il 16 gennaio 1796, lo soppresse integrandolo nel demanio del Regno. Rimase a Napoli fino alla pace di Firenze (28 marzo 1801), in virtù del quale i Presidi furono ceduti alla Francia, che li destinò al regno d'Etruria creato da Napoleone. Quest'ultimo ebbe vita breve: in seguito al Trattato di Fontainebleau (23 ottobre 1807) i Presìdi (come peraltro tutta la Toscana) furono annessi alla Francia. In seguito, con il Congresso di Vienna e la Restaurazione, non fu più ricostituito ed il suo territorio divenne parte integrante del Granducato di Toscana degli Asburgo-Lorena. Lo Stato dei Presidi non fu mai uno Stato sovrano, non ebbe mai una dinastia regnante propria e tanto meno ebbe rappresentanze ufficiali proprie: nacque come possedimento diretto della corona di Spagna e fu amministrato dai Viceré del Regno di Napoli, a sua volta sotto il dominio spagnolo dal 1503, poi quello austriaco due secoli dopo, infine dal 1735 dal Regno di Napoli e di Sicilia. Il territorio era formato da quattro presidi di cui Orbetello fu il centro principale come una sorta di Capitale. Gli altri furono Talamone, la cui giurisdizione militare comprendeva Collecchio, Banditella, Saline e una piccola parte della spiaggia della Giannella; il presidio di Porto Ercole, che controllava la porzione sud-orientale del Monte Argentario, fino a Terrarossa e Maddalena, l'istmo della Feniglia e l'isola di Giannutri; ed infine il presidio di Porto Longone istituito nel 1604 nelle coste orientali dell'isola d'Elba. Lo Stato ebbe solo governatori inviati dal governo centrale: per lo più militari, di medio rango, incaricati di mantenere in efficienza le fortificazioni. Il comandante generale che risiedeva ad Orbetello era affiancato da un Uditore, che amministrava la giustizia, un Veditore (provveditore), che provvedeva agli aspetti economici, alle fortificazioni, alle paghe dei soldati affiancato da uno Scrivano di razione (ragioniere) e da un Pagatore. Le entrate del fisco erano amministrate dall'Appaltatore. Vi era inoltre un Vicario generale, che coordina ed ispezionava il territorio.

IDROSCALO DI ORBETELLO E ITALO BALBO
L'idroscalo di Orbetello fu fatto costruire agli inizi del XX Secolo, negli anni precedenti la prima guerra mondiale.La sua funzione doveva essere quella di base dell'aviazione militare per idrovolanti del Mar Tirreno.Uno specchio d'acqua poco profondo con un andamento ondoso tranquillo erano le caratteristiche ideali che consentivano di controllare a vista, dal centro della laguna, gli idrovolanti , sia in decollo che in fase di arrivo. Il blocco iniziale venne costruito lungo la riva del braccio centrale della laguna di Levante, la quale aveva una situazione ambientale più favorevole rispetto a quella di Ponente. La configurazione aeroportuale l’idroscalo ebbe una particolare fisionomia posto in una laguna delimitata da sedimenti naturali di terra (tomboli), che collegano la costa con il Monte Argentario e posto al centro, a fronte della cittadella di Orbetello, nei pressi di un’antica fortezza spagnola.
Nel 1925 il suolo venne acquisito dalla Regia Aeronautica per diventare la sede di un gruppo di bombardamento marittimo e fu intitolato al guardiamarina-aviatore Agostino Brunetta e, dopo l'acquisizione da parte del Commissariato dell'aeronautica, ampliato e migliorato. Nel 1928, l'idroscalo costituì la base di partenza e di arrivo della crociera del Mediterraneo Occidentale che aveva un percorso di circa 2800 km. La crociera, formata da una brigata aerea di due stormi di monomotori e da un gruppo speciale di idrovolanti di altura era quindi composta in tutto da 61 aeroplani. Nel 1929 fu allestita la crociera del Mediterraneo Orientale che partì da Taranto e vide come tappa finale proprio l’arrivo in laguna con, in questa occasione, un percorso totale di ben 4.600 km. Sempre all’idroscalo di Orbetello aveva sede la Scuola di Navigazione e la Scuola di volo senza visibilità. Con una disposizione del 1931 l'attività addestrativa del personale di volo d'altura ebbe riconoscimento d' istituto e venne inoltre formalmente riconosciuta la Scuola della NADAM (Navigazione aerea di alto mare).L'impianto fu completato nel 1933 e sempre in quell'anno prese il via dall'aeroporto la crociera aerea del decennale. Negli anni trenta l’idroscalo, ormai terminato, diventò conosciuto in tutto il mondo in quanto fu la sede di partenza delle memorabili trasvolate atlantiche organizzate e condotte dal generale Italo Balbo. Tra le sue mura si studiarono i piani operativi e si addestravano gli uomini che parteciparono alle crociere intercontinentali tra le quali spiccano quelle Atlantiche, considerate per l’epoca avvenimenti aeronautici eccezionali, 4 sono quindi le grandi crociere che videro Italo Balbo ad Orbetello: 1928 Crociera del Mediterraneo Occidentale (Orbetello-Los Alcazares); 1929 Crociera del Mediterraneo Orientale (Taranto-Odessa-Orbetello); 1930 Prima Crociera Atlantica (Orbetello-Rio De Janeiro); 1933 Seconda Crociera Atlantica (Orbetello-Chicago- New York-Roma). Nato nel 1896 Balbo si era distinto come alleato di Mussolini già nella marcia su Roma, diventando in seguito comandante generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e sottosegretario all'economia nazionale. Nel 1929 assunse l'incarico di ministro della Regia Aeronautica, veste in cui promosse e guidò diverse crociere aeree come la crociera aerea transatlantica Italia-Brasile e la crociera aerea del Decennale. Considerato un potenziale rivale politico di Benito Mussolini a causa della grande popolarità raggiunta, Balbo fu nominato nel 1934 governatore della Libia. La fama di Orbetello e Balbo raggiunse l’apice con le due traversate atlantiche. La prima crociera atlantica Italia-Brasile, o crociera aerea transatlantica, anche nota come "volo in massa Italia-Brasile", "crociera aerea Italia-Brasile", "I crociera atlantica", fu la prima crociera aerea transatlantica di massa. Venne organizzata da Italo Balbo dopo il successo delle due crociere di massa nel Mediterraneo: Crociera aviatoria del Mediterraneo Occidentale (1928) e la Crociera aviatoria del Mediterraneo Orientale (1929). Si tenne tra il 17 dicembre 1930 e il 15 gennaio 1931. Dopo le due crociere nel Mediterraneo, si pensò ad un'impresa di più ampio respiro: una trasvolata atlantica in formazione, mai effettuata prima. Fu con questo scopo che, nel 1930, venne realizzata ad Orbetello la NADAM, Scuola di navigazione aerea d'alto mare, per preparare equipaggi in grado di effettuare trasvolate oceaniche. Furono utilizzati 12 idrovolanti Savoia-Marchetti S.55A. L'Incredibile, per l’epoca, piano di volo fu cosi effettuato: Orbetello 17 dicembre 1930 - Los Alcázares 1.200 km Los Alcazares 19 dicembre - Port-Lyautey (Marocco Francese) 700 km Port-Lyautey 23 dicembre - Villa Cisneros nel Rio de Oro (oggi Dakhla, Sahara Occidentale) 1.600 km Villa Cisneros 25 dicembre - Bolama (Guinea portoghese) 25 dicembre 1500 km Bolama 5 gennaio - Natal (Brasile) 3.000 km Il tratto di trasvolata atlantica di circa 3000 km si presentava come la tappa più difficile di tutta la trasvolata. Non solo per la lunghezza del percorso, che sarebbe stato coperto in circa 20 ore, ma anche per il momento del decollo, con gli S.55 caricati al massimo delle loro possibilità di carburante. Per risparmiare sul peso vennero rimossi anche i giubbotti di salvataggio. Il decollo avvenne la notte del 5 gennaio. Alle 01:29 GMT L'I-VALL e l'I-RECA dovettero sospendere la manovra di decollo per problemi di surriscaldamento ai motori. Al decollo un incidente coinvolge l'I-RECA (perde la vita il sergente Fois) e l'I-BOER (perde la vita l'intero equipaggio). Durante la trasvolata ammarano l'I-DONA, che riesce a riprendere il volo, e l'I-BAIS, disperso. la crocierà si concluse quindi con le due tappe finali Natal 11 gennaio - Bahia (oggi Salvador) 1000 km Bahia 15 gennaio - Rio de Janeiro 15 gennaio 1931 1350 km La seguente grande trasvolata atlantica, fortemente voluta e studiata da Balbo nel primo decennale della Regia Aeronautica, fu realizzata come occasione di propaganda per la Century of Progress, l'esposizione universale che si tenne a Chicago per il centenario di fondazione della città. Vi presero parte 25 idrovolanti SIAI-Marchetti S.55X, organizzati in 8 squadriglie. A bordo 52 ufficiali piloti, 1 ufficiale ingegnere e 62 sottufficiali specialisti. Ritornarono in Italia in 24 velivoli, uno essendo stato perso nel tragico incidente alle Azzorre (Baia di Horta). 13 le lunghe tappe del piano di volo: Orbetello-Amsterdam Amsterdam-Londonderry Londonderry-Reykjavík Reykjavík-Cartwright Cartwright-Shediac Shediac-Montréal Montreal-Chicago Chicago-New York New York-Shediac Shediac-Shoal Harbour Shoal Harbour-Ponta Delgada Ponta Delgada-Lisbona Lisbona-Roma Nel 1942 l'idroscalo di Orbetello venne dedicato a Italo Balbo, morto due anni prima dopo che il suo aereo era stato abbattuto nei cieli della Libia. A guerra conclusa, con la fine del fascismo, il nome tornò a quello originario ,Brunetta. Durante la II guerra mondiale Orbetello fu oggetto di alcune incursioni aeree alleate. Dopo l'8 settembre 1943 fu utilizzato dai tedeschi e furono loro che, quando si ritirarono nel 1944, distrussero i principali edifici dell'idroscalo. Successivamente, a fine guerra, fu utilizzato dagli americani. Nel dopoguerra, anziché procedere alla ricostruzione, ne fu decisa la trasformazione in parco cittadino, denominato Parco delle Crociere. Oggi, nel pressi dell'idroscalo, si trova il cimitero degli Atlantici, un sacrario dove riposano molti dei protagonisti di queste imprese in ricordo delle loro gesta.

Jet set all'Argentario
Fin dall’antichità l'Argentario fu luogo di villeggiatura e di relax come testimoniano i resti della villa dei Domizi Enonarbi che accoglieva oltre ad una caletta privata anche un porticciolo proprio alla congiunzione tra il tombolo della Giannella ed il Monte. Gli Argentari, un mestiere noto all'epoca, simile ai nostri banchieri di oggi, hanno così titolato il nostro Monte ricco di natura, storia tradizioni e soprattutto luogo per gustarsi a pieno l’ intimità di un mare profondo e blu, con un paesaggio unico al mondo per l'incontro tra terra e acque dolci, salate e salmastre. Dopo l'avvio della famiglia Romana, molti altri costruirono ville residenziali di cui troviamo tracce in tutto il promontorio.
Ma parliamo di una storia più recente, quella del dopoguerra dove l Argentario divenne e fu visto come un’oasi di lusso per personaggi noti dello spettacolo, circondata da parchi naturali ed aree protette, e dove la fitta vegetazione, le rupi addossate al mare diventarono e sono tutt'oggi custodi della vita privata di VIP. Possiamo iniziare il nostro registro presenze in ordine alfabetico con la Famiglia Agnelli, grandi Imprenditori che per primi hanno promosso il territorio adatto a VIP del Jet Set degli anni ’60. Tra le prime che scelse di costruire la sua villa residenziale a Porto S.Stefano fu Susanna Agnelli (deceduta nel maggio del 2009) che intraprese la carriera politica e venne eletta a Sindaco nel Comune di Monte Argentario nel 1974 e restò in carica fino al 1984. Successivamente è stata Sottosegretario di Stato del Ministero degli Affari Esteri, Dal 1983 al 1991 in vari governi, Ministro degli affari esteri è stata la prima donna a ricoprire la carica di ministro degli esteri in Italia (1995 – 1996). Gli Agnelli, furono affiancati da molti rampolli della nobiltà Olandese che seguirono la regina d'Olanda a Porto Ercole, negli anni Sessanta. La Regina Madre con la la costruzione della loro famosa villa a Porto Ercole, l’Elefante Felice, consacrò ufficialmente la Costa d’Argento come “il promontorio dei re”. Per chi abita dell'Argentario avere un vicino di casa che magari ha un successo mondiale nella moda, nello sport, nel cinema, nella tv, nel mondo dello spettacolo o nella politica è ordinario. Come in passato era, ai tempi della nobiltà papale, avere vicini come le famiglie Corsini e i Borghese, padroni di Porto Ercole, gli Odescalchi, i Colonna, i Borgia, gli Aldobrandi e gli Orsini. Si è sempre ritenuto, secondo un luogo comune, che senza possedere un titolo nobiliare, l’Argentario fosse off-limits. A volte sarà stato davvero così e questo è stato provato con il chiacchierato arrivo del deposto Re d’Egitto Faruk, e dalla presenza ad alcune feste, della principessa Soraya. Con l’arrivo del mondo del cinema e della musica degli anni sessanta si sono susseguiti, per la gioia dei paparazzi, Anita Ekberg, Ava Gardner, Sofia Loren, Gregory Peck, Marcello Mastroianni, Walter Chiari, Frank Sinatra. Un filmato dell’istituto Luce ha riportato a conoscenza l’amore per Monte Argentario di Charlie Chaplin, chiacchere invece diventate leggenda narrano di una stupenda Greta Garbo che fa il bagno in costume adamitico a Santa Liberata. In un altro periodo storico, fece notizia che dopo solo un anno dall’assassinio del marito, approdò al promontorio anche Jaqueline Kennedy con Onassis al Porto di Cala Galera. Fecero scalpore poi Ornella Vanoni e i pettegolezzi sul suo amante maremmano e le notti folli al King’s (noto locale notturno dell’epoca). Ma parlando del presente, madrina per eccellenza del promontorio e' Raffaella Carra', famosa per la meravigliosa villa (posta a Cala Piccola) appartenuta prima di lei all’artista Giò Pomodoro. Icona della televisione italiana a cui è stato affidato il titolo di testimonial locale con il premio Guzzo D'oro. Procedendo sul nostro registro presenze troviamo: Maurizio Costanzo a Cala Piccola, Gucci a Porto Ercole, Carlo Verdone e Gigi D’Alessio e precisiamo che Susanna Agnelli, la cui villa di recente è stata venduta, ha avuto il suo primo incarico politico proprio qui come Sindaco del Comune di Monte Argentario dal 1974 al 1984. Ricordiamo che il porto di Cala Galera e gli approdi, come il molo della Pilarella, ospitano spesso lussuosi yacht, per farvi due esempi: Valentino o Bulgari.Lasciamo yacht e che proprio all’Argentario fu girato il film “Mi Faccio la Barca” con Jonny Dorelli e Laura Sandrelli. Ma trovano spazio, nel nostro registro presenze, anche per una fugace vacanza o passaggio dell'Argentario personaggi famosi come Anna Kanakis attrice e scrittrice, la presentatrice Caterina Balivo, Flavia Vento, i principi Beatrice Borromeo e Pierre Casiraghi, il mister Massimiliano Allegri e l'attrice Ambra Angiolini e chissà quanti altri di cui noi non abbiamo traccia ma che continuano a lasciare l' impronta VIP al promontorio dei re".

La Laguna di Orbetello
Apprezzata fin dall’antichità da Etruschi, Romani e Spagnoli e in epoca moderna da imprenditori da tutto il mondo, la Laguna di Orbetello con i suoi Tomboli ha avuto ed ha un’importanza unica per il mantenimento della Biodiversità Tirrenica. L’origine della laguna è legata alla vicinnanza alla costa del Monte Argenatrio. Questo era infatti un’isola rigogliosa e verdeggiante di fronte alla costa toscana, separata dal continente da uno stretto braccio di mare largo all’incirca 12 chilometri. Col passare dei secoli, però, l’incessante azione delle correnti marine di trasporto e deposito di sedimenti, ha causato la diffrazione delle onde che, aggirando l'ostacolo, hanno rielaborato i sedimenti trasportati dal fiume Albegna dando origine ad una lingua sabbiosa mediana che contribuì alla formazione dei due tomboli laterali e che, successivamente, impedirono lo sviluppo completo della barra di sabbia mediana, dove oggi giace Orbetello: hanno dato quindi forma a due ponti sabbiosi, il tombolo della Feniglia e quello di Giannella, unendo il continente al Monte Argentario.
Ed è proprio tra questi due tomboli che oggi troviamo racchiusa la laguna tirrenica più importante. Il geografo Edouard Grosseaume, professore all’Università di Parigi, ha fatto uno degli studi più completi su questo argomento dal titolo “Le tombolo triple d’Orbetello (Toscana)”, pubblicato sul Bollettino della Società di Geografia della Linguadoca (vol. VII, fasc. I, Montpellier, 1978. Egli dice: “Questi tomboli orbetellani sono unici al mondo. Perpendicolari alla linea costiera, raggiungono la lunghezza di 7 chilometri e distano l’uno dall’altro 6 chilometri nel punto più stretto. Si conosce un altro esempio di due tomboli gemelli che uniscono un’isola alla terraferma, trasformandola in penisola. Questo esempio si trova in Francia nella località di Gien. Tuttavia i due tomboli paralleli sono molto vicini l’uno all’altro e la pseudo-laguna che racchiudono non è altro che acqua marina salata di filtraggio. Ben diversi da quelli di Orbetello, questi due tomboli si sono formati per un gioco di due venti dominanti e per gli apporti alluvionali dovuti alle correnti marine. Una spiegazione di questo tipo non è assolutamente concepibile per spiegare la formazione dei tomboli di Orbetello. Il tombolo della Feniglia e il tombolo della Giannella non si sono formati simultaneamente. Queste due lunghissime strisce sabbiose ci sorprendono perché il tombolo della Giannella ha una curvatura inversa rispetto a quella della Feniglia: queste due forme, arcuate in senso contrario, escludono assolutamente che i due tomboli possano aver avuto una genesi dovuta alla stessa causa. Se la formazione del tombolo della Feniglia è spiegabile con l’azione dei venti predominanti, lo stesso discorso non vale per il tombolo della Giannella, il cui asse di curvatura è quasi perpendicolare alla direzione sud-ovest, nord-est dei venti predominanti. La dinamica della formazione dei due tomboli è dovuta ad un giuoco tra la corrente predominante che ha direzione sud-ovest, nord-est e una controcorrente che ha direzione nord-sud. La controcorrente nord-sud del golfo di Talamone è responsabile della deviazione dell’imboccatura dell’Albegna verso sud e del trasporto alluvionale in quella direzione. Infatti il tombolo della Giannella è una guglia litorale del delta dell’Albegna." Lo studioso Grosseaume sostiene che i due lunghi tomboli di Orbetello erano già formati in epoca romana, perché una strada antica passava sul tombolo della Feniglia, mentre quello centrale, su cui sorge la città si è formato in epoca più antica. Tale formazione appartiene sicuramente all’epoca geologica più recente, cioè all’alluvium olocenico (il più tardo periodo del quaternario) che inizia alla fine della glaciazione di Wurms, cioè l’epoca Mesolitica che dal 12.000 a. C. giunge fino agli albori della storia. I due tomboli hanno differenti caratteristiche. Il Tombolo della Feniglia, che si sviluppa per circa 6 km di lunghezza per una superficie totale di 474 ettari, per una larghezza che va dai 700 ai 1.000 metri, fino alla fine del 1700, era completamente ricoperto da boschi, con una prevalenza di specie tipiche della flora mediterranea. Nel 1804 il comune di Orbetello, in quel periodo proprietario del terreno, ha proceduto con la vendita di Feniglia a privati che hanno iniziato lo sfruttamento intensivo a pascoli e legname. Questa tipologia di uso del territorio ha portato quindi alla rapida deforestazione: la scomparsa della vegetazione dunale portò infatti ad un rapido processo di erosione dovuti principalmente agli agenti esogeni e all'attività antropica. Infatti, sotto l'influenza del libeccio, la sabbia delle dune cominciò a muoversi dal mare verso la laguna creando stagni e paludi e causando interramenti, condizioni favorevoli allo sviluppo della malaria. In quel periodo la laguna, grazie alla pesca, era una risorsa primaria per la città di Orbetello. Per risolvere il problema dell’interramento della laguna vennero avviate attività per la costruzione dei canali di collegamento tra la laguna e il mare. Nel 1910 il Comune ha avviato l'espropriazione e la Feniglia divenne Demanio Forestale, procedendo quindi al rimboschimento del territorio. Questi interventi hanno portato alla creazione di un bosco di circa 460 ettari. Nel 1971, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, ha dichiarato il Tombolo della Feniglia Riserva della Foresta sotto la protezione dello Stato. Diversa la storia del Tombolo della Giannella, una striscia di terra lunga circa 6 km e larga in media poco più di 300 metri, ma che per il fatto di essersi preso la responsabilità per primo di ostacolare la comunicazione della laguna con il mare aperto e di essere il ponte di collegamento tra la costa maremmana e il Promontorio dell’Agentario, è un’area di traffico e antropizzazione come consueto nelle località turistico-ricettive con strade, villette, campings, residence con un presidio WWF, Oasi di grande importanza per l’educazione ambientale, che domina il versante settentrionale con il suo casale spagnolo. I due Tomboli quindi “intrappolando” un braccio di mare come due complici arrivati da due mondi diversi, creano la Laguna di Orbetello, una riserva unica nel suo genere, una distesa di acque che ospita numerose specie e in gran quantità di pesce, si estende per circa 800 ettari e conserva, lungo tutta la sua riva interna, un esteso tappeto di salicornia con dei boschetti isolati di pioppi, sughere, frassini ed olmi, e di brugo, una particolare specie di erica che in estate colora le coste con le sue fioriture rosa come preludio al rosso autunnale della salicornia, regina degli ambienti salmastri. La Laguna di Orbetello ha una superficie di 26.9 Kmq, una profondità massima di 1.50 mt per un’altitudine di mt 1 slm, è situata lungo una delle principali rotte migratorie ed in questo stagno costiero con mescolanza di acque dolci e marine, vi si concentrano migliaia di uccelli di vari tipi, fra cui il bellissimo volatile chiamato il Cavaliere d’Italia. Nelle sue acque, in realtà, è possibile ammirare numerose altre specie: cormorani, anatre tuffatrici, moriglioni, morette e folaghe, mentre corrono a pelo d’acqua prima di spiccare il volo. Da non perdere, infine, sono i movimenti degli eleganti fenicotteri che ne perlustrano il fondale, con una grazia ed un’eleganza unica nel loro genere. Dal 1977 la Convenzione RAMSAR dichiara la Laguna di Orbetello zona umida di importanza internazionale, a seguire la Provincia di Grosseto istituisce nel 1998 una Riserva Naturale con presenza di area contigua ed è inserita in base alla direttiva “Habitat” CEE 1994 e alla Direttiva “Uccelli” CEE 2004 area di protezione designata dalla Regione Toscana, secondo la sovrapposizione con altri istituti di protezione Rete Natura 2000. La Riserva, situata nella laguna di ponente, comprende l'omonima Oasi gestita dal WWF, al cui interno è posta la Riserva Naturale Statale denominata “Laguna di Orbetello di Ponente”, il bosco di Patanella, e l'isolotto di Neghelli; le località di Stagnone e Stagnino ricadono invece in area contigua. la Laguna di Orbetello è infatti di importanza cruciale per la sosta e la nidificazione di molte specie minacciate di uccelli. L'equilibrio dell'ecosistema lagunare è tuttavia oggi minacciato da alcuni fattori di rischio, come la tendenza all'interramento e i gravi fenomeni di eutrofizzazione; gravi morie estive di pesci, avvenute nel recente passato, hanno avuto pesanti ripercussioni sul comparto economico legato alla pesca professionale. Da alcuni anni sono in corso interventi per il risanamento delle acque lagunari, che hanno consentito un notevole recupero della produttività dell'ecosistema lagunare, e di recente azioni per il recupero della naturalità nelle aree di maggior valore per l'avifauna. Molteplici le citazioni a riguardo l’unicità del territorio appena esplorato, ma vogliamo accordare al Prof. Pietro Salvucci, preside ed onorato uomo di cultura del Monte Argentario, il finale di questo approfondimento tratto dal suo Libro “Tra mare e maremma”: “Ecco come la Costa d’Argento...con l’insolita varietà di forme può fare la felicità dello studioso. C’è tutta la geografia: Pianure e colline, mare laguna stagno e fiumi, penisola promontorio tomboli ed isole.”