Il santo vescovo di Populonia, probabilmente era di origine nordafricana, sarebbe arrivato nella Maritima (antico nome della Maremma) insieme a San Regolo, e sarebbe stato infine eletto vescovo dalla comunità populoniese. La leggenda è narrata da Gregorio Magno nei suoi Dialogi al capitolo III°, 11-12 che lo definisce “uomo di vita venerabile, che dette grandi prove di santità”.
La leggenda vuole che Cerbone celebrasse la Messa del mattino troppo presto e che per questo i populoniesi non potessero prendervi parte. Irritati per questa abitudine si rivolsero a Papa Vigilio (537-555 d.C.) che inviò dei suoi legati a prelevare Cerbone per condurlo innanzi a lui. Durante il viaggio il Santo fece ben tre miracoli: il primo fu quello delle due cerve, che Cerbone munse per procurare latte agli inviati del Papa i quali, estenuati dal viaggio, stavano per morire di sete; il secondo nei pressi di Roma, quando guarì tre uomini colpiti da febbri perniciose; l’ultimo in occasione di un incontro con delle oche selvatiche, alle quali, facendo il segno della croce, disse: “Non abbiate facoltà di volare in altro luogo, fintanto che non sarete venute con me alla presenza del Signor Papa…”. E così fu: le oche lo accompagnarono per tutto il viaggio e, solo quando Cerbone fece nuovamente il segno della Croce su di loro per licenziarle, si alzarono in volo. Quando i legati pontifici annunziarono l’arrivo di Cerbone al Papa, raccontarono quanto aveva fatto durante il viaggio, per questo il Pontefice gli andò incontro accogliendolo litaniando e salmodiando. In memoria di questo episodio, da allora, quello di Massa Marittima è l’unico vescovo che, recandosi in visita a Roma, ha l’onore di essere accolto in piedi dal Papa. La storia prosegue, narrando che il Papa volle partecipare di persona alla messa dell’alba tenuta dal santo, assistendo al miracolo del coro angelico, levatosi melodioso al momento dell’eucarestia. Concesse quindi a Cerbone di proseguire nella sua usanza e di rientrare a Populonia. La più celebre delle prove fu tuttavia quando il re dei Goti, Totila, ricercava alcuni militi bizantini e cristiani. Il santo vescovo di Populonia li nascose e per questo incorse nell'ira del re barbaro, che decretò la sua morte per mezzo delle fiere. Mandò Cerbone nel cosiddetto Campo del Merlo, dove un ferocissimo orso avrebbe dovuto sbranarlo, alla presenza dello stesso sovrano. Lo spettacolo sembrava promettere grandi emozioni, ma Totila non aveva previsto un fatto che lo sbalordì: quando l’orso giunse dinanzi al vescovo rimase per un istante quasi pietrificato nell’atto dell’aggressione, con le zampe anteriori alzate e le fauci spalancate. Poi, lentamente, ricadde sugli artigli, chiuse la bocca e prese a leccare con inaspettata mansuetudine i piedi del santo. Totila rilasciò Cerbone, ma dopo i Goti di Totila giunsero i Longobardi, a scacciare il vescovo di Populonia, che riparò dunque all’Isola d'Elba. L’arrivo dei Longobardi, nel 573, sconvolse nuovamente la diocesi di Populonia e costrinse Cerbone alla fuga via mare, con il clero al seguito, nella vicina isola d’Elba, controllata dai Bizantini, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. Ormai vicino alla morte, nell’ottobre dell’anno 575, espresse l’ultimo desiderio di essere sepolto nei pressi di una “fonte” (probabilmente da indentificare nell’area dell’attuale chiesina, che doveva essere dotata in passato di fonte battesimale) nel Golfo di Baratti, sotto Populonia. I suoi seguaci, timorosi d’incontrare le truppe longobarde durante il tragitto, vennero rassicurati da Cerbone che, prima di spirare, affermò che nessuno avrebbe fatto loro del male. Infatti, non appena la barca con le spoglie del santo si avvicinò alla costa di Baratti, il cielo divenne nero come la pece e scoppiò una furiosa burrasca che impedì la visibilità e fece approdare il gruppo del tutto inosservato, mentre sulla barca non cadde neanche una goccia d’acqua. Protetti anche da una fitta nebbia, scesa improvvisamente, i fedeli non incontrarono nessuna pattuglia longobarda, raggiunsero la chiesa, seppellirono il corpo del vescovo e se ne tornarono all’isola d’Elba, navigando in un mare liscio come l’olio. Le reliquie di San Cerbone furono trasferite da Populonia, distrutta nell’anno 809 d.C. dai saraceni, a Massa Marittima, dopo l’elevazione di quest’ultima a sede vescovile. A causa delle continue incursioni, i resti del corpo di San Cerbone furono smarriti, per essere poi finalmente ritrovati nel 1599, accanto all’altare maggiore.
La spiaggia di Cala Violina è situata tra Follonica e Punta Ala (entrambe distanti circa 10 km), all'interno della Riserva Naturale delle Bandite di Scarlino. Cala Violina è una della spiagge più belle della Maremma. Si affaccia davanti ad una fitta e rigogliosa macchia mediterranea. La spiaggia è chiara e granulosa, composta da piccolissimi granelli di quarzo.
Il nome singolare deriva dal suono che emette la sabbia quando ci si cammina sopra, che ricorda appunto quello del violino (per sentirlo è indispensabile tuttavia una certa quiete). Le sue acque sono limpidissime e lo stupendo panorama è completato dalla fitta e suggestiva macchia mediterranea che arriva fin sulla spiaggia.
Nella stupenda cornice di Massa Marittima si svolge Il Balestro del Girifalco, una delle maggiori rievocazioni storiche medievali della Toscana, che consiste in una gara di tiro al bersaglio (detto Corniolo o Tasso) con la Balestra antica all'italiana riproduzione di quelle usate nel ’400.
Il corniolo, posto al centro di una grande immagine di girfalco ( Falco Rusticolus, specie di rapace simile al Falco Pellegrino), è un legno di forma tronco conica di circa 13 centimetri di diametro e sporgente per 42 cm da una base circolare anch’essa in legno e del diametro di 50 cm. La balestra è composta da un fusto in legno detto "teniere" al quale è fissato l’arco d’acciaio. La corda è di fibra naturale. Il caricamento dell’arme si effettua con il “girello”. La corda tesa si arresta su un cilindro rotante comandato dalla leva di scatto. La tradizione dell’uso della balestra in Massa Marittima è ampiamente documentata. Il Costitutum Civitatis Massae, già al principio del XIV° secolo, parla del Magister Balistrarum (Maestro delle Balestre) e soprattutto del Camerario, custode delle balestre e delle altre armi della Città. Oltre ad una pergamena del 2 Agosto 1497, un’altra testimonianza è costituita dalla delibera del Consiglio Maggiore del 1476 (Statutorum Mag. Civitatis Massae, pars IIa, Distintio IIa, Anno Domini 1476 die X, Augusti) che recita: “In Consilio Generale cum adiuncta Communis et Populi Civitatis Massae, servatis solemnitatis opportunis. In presentia cum dignissimum Potestatem et Capitanum Civitatis Massae STATUIMUS, Rub. Che si balestri un balestro ogni tre mesi. Che si dia alli giovani qualche esercizio laudevole, provveduto sia che quattro volte annue si facci balestrare di tre mesi in tre mesi, balestrandosi ogni volta tre volte, ciò è in tre dì festivi comandati, e qualunque in quelli tre dì averà più colpi a lui sia donato un balestro d’acciaio col girello essendo massetano et abitante in Massa e non ad altri e di questa balestra due ne paghi il Comune di Massa e gli altri due il Potestà, cioè ogni Potestà uno e in questo modo si diviaranno i giovani dalla caccia e inviarannosi al laudevole esercizio del balestro, da poter essere utili nelli casi et tempi occorrenti”. Ogni gara si svolge tra i balestrieri in rappresentanza dei 3 Terzieri in cui è divisa la città, fin dai tempi del Libero Comune. La rievocazione storica, conta la presenza di circa 150 figuranti, abbigliati con preziosi costumi medievali in velluto, tra i quali spiccano le rappresentanze del Libero Comune e delle antiche istituzioni massetane, quelle dei tre Terzieri e gli sbandieratori della Compagnia Sbandieratori e Musici Massetani, che si esibiscono prima dell'inizio della competizione, che si svolge nella stupenda cornice della duecentesca Piazza Garibaldi di fronte al celeberrimo Duomo di Massa Marittima. I tre terzieri sono: Cittanuova (con i colori bianco, rosso e verde), Cittavecchia (con i colori bianco, nero e giallo) e Borgo (con i colori giallo oro, blu e rosso). Ogni Terziere è rappresentato da 8 balestrieri, cosicché alla sfida partecipano ben 24 balestrieri. Il Balestro del Girifalco si svolge due volte l’anno: normalmente la quarta domenica di Maggio e il 14 Agosto. Prendono parte alla gara 24 balestrieri, 8 per ciascuno dei Terzieri. Dopo le evoluzioni degli sbandieratori ha inizio la gara vera e propria. Il balestriere, dopo aver caricato la propria arma, prende posto sul banco di tiro e scaglia la propria freccia verso il bersaglio posto alla distanza di 36 metri. Il balestriere vincitore, la cui freccia si sarà conficcata più vicina al centro del corniolo, riceverà in premio una simbolica freccia d’oro, mentre al suo Terziere verrà assegnato il “drappellone” in seta dipinta. Inoltre, dal Maggio 2005, è stato istituito un premio speciale denominato “Collare Giovanni Soldini”, premio che sarà vinto dal Terziere più volte vittorioso nel decennio fino al 2015 o dal balestriere che entro tale anno vincerà per tre volte consecutive il Balestro del Girifalco.
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